Dei detenuti, 2 sono ergastolani: 4 di loro figurano tra capi e gregari del clan “degli zingari” di Cassano, 2 sono di Corigliano e 2 di Rossano, ma tutti alleati dei cassanesi

 

 

di Fabio Buonofiglio

Il carcere duro è la strategia scelta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per inginocchiare la ’ndrangheta nella Sibaritide, per ridurne l’influenza, per limitare il potere di boss e picciotti rimasti imprigionati nelle maglie delle numerose inchieste condotte nell’ultimo ventennio dai magistrati da qualche anno diretti dal procuratore Nicola Gratteri.

 

Fino a qualche anno addietro erano di più. Oggi, tra gli ‘ndranghetisti detenuti di queste latitudini, diversi sono ristretti in massima sicurezza (tra essi pure qualche ergastolano) essendo stato loro revocato il carcere duro. Ma restano in otto quelli detenuti al regime carcerario del 41-bis, quello differenziato rispetto a tutti gli altri detenuti.

 

APPLICATO CON DECRETO DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

L’applicazione del carcere duro è adottato con decreto motivato a firma del ministro della Giustizia su richiesta dei magistrati antimafia. Il primo ha la durata di quattro anni, ma è prorogabile per periodi di due anni.

La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale non sia venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto.

 

 

COSA PREVEDE IL REGIME CARCERARIO DIFFERENZIATO

Il carcere duro prevede l’adozione di misure d’elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alla necessità di prevenire contatti con l’organizzazione criminale d’appartenenza o d’attuale riferimento, contrasti con elementi d’organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti appartenenti alla medesima organizzazione o ad altre ad essa alleate (il cosiddetto isolamento).

 

E ancora: un solo colloquio al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio d’oggetti. Vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi. I colloqui vengono sottoposti a controllo auditivo e a registrazione. Può essere autorizzato un colloquio telefonico mensile coi familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto comunque a registrazione. I colloqui sono in ogni caso video-registrati.

 

Tali disposizioni non s’applicano ai colloqui con gli avvocati difensori, coi quali può effettuarsi, fino a un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti coi familiari.

 

Il regime carcerario differenziato prevede pure la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno, l’esclusione dalle rappresentanze dei detenuti, la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza salvo quella coi membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia, la limitazione della permanenza all’aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno fermo restante il limite minimo di un’ora.

 

Il carcere duro prevede altre misure di sicurezza attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l’assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi.

 

Il coriglianese Filippo Solimando

 

TRA I SIBARITI ATTUALMENTE AL 41-BIS, DUE ERGASTOLANI

Tra i numerosissimi ‘ndranghetisti della Sibaritide detenuti, quelli al 41-bis si trovano reclusi in diversi istituti di pena italiani ben lontani dalla Calabria e di massima sicurezza.

 

Franco Abbruzzese alias Dentuzzo, 51 anni (a destra nella doppia foto in apertura)capo del clan cosiddetto “degli zingari” di Cassano Jonio, è definitivamente condannato all’ergastolo e detenuto ininterrottamente dal luglio del 2009, quando venne arrestato nell’ambito della maxioperazione “Timpone rosso” assieme a numerosi altri ‘ndranghetisti del comprensorio jonico.

 

Il suo “testimone”, vale a dire la reggenza del clan degli zingari, secondo i pubblici ministeri antimafia sarebbe poi passato all’alleato capo ‘ndrina di Corigliano Filippo Solimando, 52 anni, condannato a vent’anni, il quale in carcere c’è finito nel febbraio del 2015 quando scattò l’operazione “Gentleman” e da allora pure lui è sottoposto al carcere duro.

 

Il rossanese Salvatore Galluzzi detto ‘U rizz

 

Come Fiore Abbruzzese detto Ninuzzo, 55 anni, Luigi Abbruzzese detto ‘U pinguino, 45, e Francesco Abbruzzese detto ‘U pirolo, 43, tutti cassanesi, boss e gregari di spicco parenti di Dentuzzo e tutti condannati con pene variabili fino a trent’anni, tra loro qualcuno catturato dopo qualche anno di latitanza.

 

Il coriglianese Maurizio Barilari

 

Era ricercato dal 2007 e riuscì a sfuggire a più d’una retata che lo vedeva coinvolto Nicola Acri alias Occhi di ghiaccio, 42 anni (a sinistra nella doppia foto in apertura)alleato degli zingari e capo ’ndrina di Rossano, catturato nel 2010 a Bologna ed oggi ergastolano proprio come Abbruzzese Dentuzzo.

 

L’operazione “Timpone rosso” del luglio 2009 vide finire in carcere pure Maurizio Barilari, 52 anni, alleato degli zingari e di Acri al contempo e già capo ’ndrina di Corigliano, condannato a ventott’anni. E al 41-bis c’è pure il condannato “braccio destro” di Acri Occhi di ghiaccio, il rossanese Salvatore Galluzzi alias ‘U rizz, di 45 anni.

direttore@altrepagine.it

 

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