Sonia Azzaro, 45 anni, moglie d’un poliziotto, ha ricoperto la carica amministrativa ai Servizi sociali negli anni 2001-2008 nelle giunte di Centrosinistra

 

 

di Fabio Buonofiglio

Sono accusati d’una doppia megatruffa ai danni d’una società per azioni che gestisce in Italia il lavoro interinale e ai danni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale. Con un ingegnoso “sistema” finalizzato a catturare un sacco di soldi per incrementare i guadagni illeciti d’altre attività criminali gestite dalla loro collaudata e temuta organizzazione di ‘ndrangheta: la “supercosca” Forastefano-Abbruzzese, il nuovo “locale” della Sibaritide avente sede “legale” a Cassano Jonio.

 

In 17 all’alba di martedì sono finiti in manette, chi destinato al carcere chi agli arresti domiciliari, su richiesta del procuratore capo dell’Antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Capomolla, e del sostituto Alessandro Riello.

 

Richiesta di misura cautelare rigettata dal giudice per le indagini preliminari distrettuale Paola Ciriaco nei confronti d’altri 13, che restano indagati a piede libero assieme ad altri 173, col numero complessivo degl’indagati che supera, dunque, le 200 unità.

Ed è proprio la doppia megatruffa ad accomunare, sotto uno dei numerosi capi d’imputazione della maxinchiesta antimafia denominata “Kossa” dall’antico nome greco di Cassano Jonio, un nugolo d’arrestati e i 173. Già, ma chi sono questi ultimi?

 

Si tratta di falsi braccianti agricoli. In parte soggetti “vicini”, per parentela o altro, agli arrestati, in molti altri casi semplicemente assoggettati alle logiche criminali della ‘ndrangheta. Tutti, comunque, con un proprio utile tornaconto: le annuali indennità riconosciute dall’Inps agli operai agricoli stagionali e i contributi previdenziali finalizzati alla maturazione del trattamento pensionistico da parte dello stesso ente pubblico.

 

La conferenza stampa del procuratore Gratteri in Questura a Cosenza dopo gli arresti

 

Una doppia megatruffa che, secondo le accuse mosse dai pubblici ministeri antimafia, sarebbe stata ordita da Pasquale Forastefano, 34 anni, detto “l’animale”, il reggente della famiglia cassanese; Domenico Massa, 44, detto “Cicciotto”, fidatissimo “consigliere” del ritenuto capo residente a San Lorenzo del Vallo; Luca Talarico, 36, imprenditore agricolo di Spezzano Albanese;

Antonio Antolino, 41, e Leonardo Falbo, 46, entrambi cassanesi e dipendenti della locale agenzia di lavoro interinale “Alma Spa”, utilizzata per essere truffata e per truffare l’Inps facendo figurare come impegnati in lavori agricoli i 173 finti braccianti;

Gianfranco Arcidiacono, 36, parente e uomo di fiducia di Pasquale Forastefano; Francesca Intrieri, 29, di Castiglione Cosentino, segretaria dell’azienda agricola di Luca Talarico; Vincenzo Pesce, 54, commercialista di Cassano Jonio coinvolto pure negli anni passati nelle truffe all’Inps;

Giuseppe Bisantis, avvocato, 53 anni, di Capaccio Paestum, in Campania, ideatore d’una fittizia azione risarcitoria promossa proprio per consumare la truffa all’Alma Spa; Nicola Abbruzzese, 42, detto “Semiasse”, elemento di spicco degli “zingari” di Cassano Jonio; Luca Laino, 36 anni, anch’egli di Cassano Jonio.

 

I poliziotti della Squadra mobile cosentina mentre portano dalla Questura al carcere gli arrestati 

 

Costoro sono indagati proprio in concorso coi 173 falsi braccianti, perchè «con artifici e raggiri consistiti nell’attestare falsamente giornate lavorative mai svolte presso l’azienda agricola di Luca Talarico, inducendo in errore l’Alma Spa e l’Inps circa la spettanza di retribuzioni e prestazioni previdenziali, si assicuravano l’ingiusto profitto consistente in dette erogazioni.

Nello specifico, le modalità della truffa erano le seguenti: al fine di assicurarsi il numero delle giornate normativamente richiesto per l’ottenimento della indennità di disoccupazione agricola ed altre spettanze previdenziali, i 173 braccianti hanno acconsentito ad essere fittiziamente assunti dalla sede centrale dell’Alma Spa, e successivamente somministrati all’azienda agricola di Luca Talarico nel IV Trimestre 2018, mediante artifici e raggiri consistenti in dichiarazioni fatte pervenire all’Alma Spa dalla filiale territoriale di Sibari, nella persona dei sodali dell’associazione mafiosa Antonio Antolino e Leonardo Falbo, dichiarazioni falsamente attestanti giornate lavorative in agricoltura mai svolte.

Traendo così illecito profitto dall’indebita percezione di contributi pubblici erogati a loro favore dall’Inps sulla base di prestazioni lavorative mai rese».

 

I magistrati antimafia quantificano con l’esattezza dei centesimi la doppia megatruffa: quasi 600 mila euro.

E tra i 173 falsi braccianti indagati c’è un nome che spicca su tutti, dal momento che si tratta d’un ex amministratore pubblico. Ed è quello di Sonia Azzaro, 45 anni (foto in alto), ex assessora ai Servizi sociali dell’ex Comune di Corigliano Calabro.

Moglie d’un poliziotto attualmente in servizio alla Stradale di Corigliano-Rossano, ha ricoperto la carica pubblica negli anni 2001-2008, in due diverse e consecutive amministrazioni comunali di Centrosinistra, quelle rette dagli ex sindaci coriglianesi Giovanni Battista Genova ed Armando De Rosis. Adesso dovrà difendersi da questa storia, davvero imbarazzante.

direttore@altrepagine.it

 

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