di Fabio Buonofiglio

«Inaudita altera parte»: ci rallegriamo del latinorum del sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi (foto). Il quale, stasera, pubblicamente, lamenta il fatto che lui medesimo non fosse costituito in giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale di Catanzaro. Che s’è pronunciato, in via cautelare ma in modo nettamente sfavorevole, ad un’ordinanza emessa dallo stesso sindaco. 

Oggetto: il ricorso promosso da una scuola materna privata contro la sospensione dell’attività didattica in presenza ordinata da Stasi lo scorso 7 dicembre. Il presidente della prima sezione del Tar ha emesso un decreto e ordina al sindaco d’eseguirlo. È un ordine della magistratura, deputata a far rispettare le leggi dello Stato. Purtuttavia, tra il pomeriggio e la prima serata, i giureconsulti del municipio coriglianrossanese, a due quarti di giurisprudenza, un quarto di dottrina e un quarto di Tavernello sostengono che il decreto del Tar si riferisca esclusivamente alla scuola materna privata che ha promosso il ricorso.

 

E Stasi esce con una pubblica, improvvida dichiarazione di strampalato carattere giuridico: «la ripresa delle attività didattiche in presenza riguarderebbe esclusivamente la scuola che ha promosso il ricorso». Ma le idiozie del diritto di Stasi non sono nulla. Sì perché il sindaco va ben oltre: «Nel massimo rispetto per ogni ente istituzionale coinvolto, la responsabilità di valutare provvedimenti contingibili ed urgenti per proteggere la popolazione da eventuali rischi sanitari non può essere né dei giudici amministrativi né degli istituti scolastici privati, ma è del sindaco, nella qualità di autorità sanitaria del territorio».

 

 

Stasi, in pratica, non riconosce lo stato di diritto, ma solo e soltanto la propria autorità. Disconosce che la magistratura non è un “ente istituzionale”, ma è quel potere dello Stato che garantisce lo Stato – appunto – di diritto. Nel merito della questione, Stasi afferma: «La decisione presa, per quanto delicata e difficile, è basata su dati precisi, valutazioni ponderate ed autorevoli indicazioni terze del settore sanitario, quindi se necessario sarà ribadita rafforzandone ulteriormente le motivazioni».

 

Evidentemente, nella terza città più grande della Calabria, ma la prima più ridicola, nessuno dei giureconsulti comunali ha detto al sindaco che la propria ordinanza va difesa dinanzi al Tar e non attraverso un postumo comunicato stampa rivolto alla sua personale repubblica popolare delle banane.

 

E – considerato che egli incomincia ad amare il latinorumdulcis (si fa per dire) in fundo, conclude: «Come rappresentante delle istituzioni sono rammaricato del fatto che, per il tema in questione ed in un momento delicato per l’intero Paese come quello che stiamo vivendo, ci si trovi di fronte a corto circuiti istituzionali come questi che generano incertezza nella comunità, anche perché i sindaci ad aver assunto questa decisione soltanto in Calabria sono decine, avendo pertanto con ragioni solide e comuni».

 

La sede municipale di Palazzo Garopoli

 

È del tutto evidente che Stasi non sa proprio di cosa parla. Le decisioni della magistratura non si commentano populisticamente – quale corto circuito!!! – ma s’impugnano, con motivazioni di fatto e diritto, nel successivo grado di giudizio (in questo caso al Consiglio di Stato). Già, perché saranno pure decine i sindaci che hanno emesso lo stesso tipo d’ordinanza, ma contro quella di Stasi hanno proposto, e vinto, un ricorso.

direttore@altrepagine.it

 

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