Nutrito gruppo di africani in vibrante protesta stamane a Cassano Jonio

 

 

di Fabio Buonofiglio

Che il drammatico ed annoso fenomeno del “caporalato” in agricoltura sia divenuto qualche anno fa un reato penale è fatto noto. Purtuttavia lo sfruttamento di manodopera “a nero”, che viene reclutata soprattutto tra donne e uomini di nazionalità straniere da sfruttatori italiani e stranieri tra essi complici, è fatto altrettanto noto che nel grande comprensorio della Piana di Sibari continua a dare linfa allo stesso fenomeno criminale. Che rarissime volte ha visto finire tra le maglie della giustizia i criminali, tra “caporali” e titolari d’aziende agricole. Che nel primo caso guadagnano illegalmente e nel secondo s’arricchiscono assai più di quanto legalmente dovrebbero, alle spalle di lavoratori in carne ed ossa e dei loro familiari che per lo Stato italiano sono dei “fantasmi”, vale a dire senza alcun tipo di diritto previdenziale ed assicurativo della loro sicurezza sul lavoro.

 

Non solo. Già, perché a fronte della giornata “a nero” pattuita a 60 euro per singolo lavoratore tra “caporali” e “padroni”, agli sfruttati ne vengono corrisposti soltanto 25 e gli atri 35 euro vengono incassati dai primi, con la scusa del viaggio per raggiungere i campi a bordo di furgoni spesso malandati, non revisionati e magari neppure assicurati. Ci sono insomma delle vere e proprie agenzie interinali e criminali di sfruttamento del lavoro nero tra Corigliano-Rossano e Cassano Jonio – che sono i centri più grossi della Sibaritide – come pure nel resto del vasto comprensorio ricco di risorse agricole.

 

 

Stamane a Cassano un gruppo d’operai tutti d’origini africane, ha inscenato una vibrata protesta. La “scintilla” che ha l’ha innescata è la mancata corresponsione, da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale nei loro confronti, del sussidio di 600 euro previsto dalla decretazione d’urgenza del Governo nazionale anche per i lavoratori agricoli a causa dell’emergenza sanitaria del Coronavirus. Un sussidio che con ogni probabilità gli stessi non potranno ricevere proprio perchè magari per l’Inps essi come lavoratori proprio non esistono.

 

Il Tribunale di Castrovillari

 

Ma questi lavoratori hanno rivendicato con forza pure il loro diritto a una giusta paga. E hanno accusato i loro aguzzini, gli stessi che li reclutano e che per ognuno di loro chiedono al “padrone” dell’azienda agricole dove vanno a lavorare 60 euro al giorno, mentre a loro ne danno 25. Uno di questi sfruttatori, un uomo di nazionalità pachistana, sarebbe stato denunciato ai carabinieri della locale Tenenza, prontamente intervenuti per placare gli animi e spiegare allo sfruttatore pachistano, presente, che ciò che ipotizzano i giovani africani, cioè reclutare mano d’opera per altri e “prelevare” dalla giornata d’ogni lavoratore quel “pizzo” è un reato penale.

direttore@altrepagine.it

 

 

 

 

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