TUTTA LA VERITA’ SULLA TRAGICA FINE DEL FIGLIO DI MILIZIA

“Paziente areflessico in midriasi fissa areagente, arresto cardiorespiratorio con assenza di polsi centrali e periferici. Cianosi diffusa, elettrocardiogramma: piatto”.

Qualunque morte avvolge nel dramma, nella tragedia, chi resta a questo mondo. Può però essere, così com’è stato, che la fredda terminologia medica della prima diagnosi obiettiva celi il motivo vero d’una morte, più drammatica di altre. E razionalmente incomprensibile a quanti ne cercano inutilmente una ragione da quel momento che segnerà per sempre il resto della loro vita.

Eros Milizia aveva 25 anni. Era il figlio di Antonio Milizia, conosciuto da tutti a Corigliano perché titolare d’una notissima boutique di grandi griffes che porta il suo cognome, e che, negli anni, a Corigliano è divenuto esso stesso una griffe.

 

Il giovane rampollo era titolare d’un secondo negozio, che oggi porta quello stesso cognome preceduto dal suo nome. 

Da oltre due anni Eros non c’è più dietro all’elegante banco della sua boutique. Già, perché la sera del 21 giugno 2010 Eros ha incontrato Thanatos. E nell’antinomico mito della vita e della morte, Freud è stato tragicamente ribaltato.

E’ morto Eros. E il perché lo sanno tutti, sin da subito. In una ridda di voci, a Corigliano come nel resto della Sibaritide, dove clienti e conoscenti dei Milizia non si contano. 

Eros è morto di cocaina. Ma a fermargli il cuore non è stata un’overdose “rituale”, come è capitato a chi, come lui, è morto o morirà di cocaina o di qualsiasi altra micidiale droga.

C’è un’informativa di reato dei Carabinieri di Corigliano. Reca la data del 25 novembre 2011 ed è stata redatta nell’ambito d’una maxioperazione antidroga, denominata “Fusion”, che nelle scorse settimane ha visto finire in manette 34 giovani. Quasi tutti coriglianesi e ritenuti dagl’inquirenti spacciatori di cocaina ed abituali consumatori della stessa sostanza dispensatrice di dipendenza e spessissimo di morte.

E’ un’indagine che, nel complesso, conta 80 indagati per fatti accertati, dagli stessi Carabinieri, dal giugno del 2010 a tutt’oggi.

E tra le pieghe di centinaia di pagine d’informazioni investigative, l’irrazionale morte di Eros Milizia “grida” finalmente la sua tragica verità. Quella che tutti conoscevano. Quella che AltrePagine oggi mette crudamente a nudo, senza veli, in ogni suo contorno.

Fu l’ingestione d’una massiccia dose di sostanza stupefacente del tipo cocaina ad uccidere Eros Milizia. La sera del 22 giugno 2010 il giovane giunse nel Pronto Soccorso dell’ospedale “Guido Compagna” di Corigliano Calabro praticamente già cadavere. Considerata una serie d’elementi “sospetti”, il dottor Mario Faraca, medico di turno, invocò l’intervento dei Carabinieri. I quali avevano già piuttosto chiaro il “quadro” in cui quella tragica morte era maturata. Cominciò così il lavoro investigativo finalizzato ad accertare i fatti che avevano determinato il decesso di Eros Milizia. E, nell’immediatezza, vennero identificate ed interrogate le ultime persone che avevano avuto a che fare con Milizia. 

Si tratta di Roberto Bonadio, di 33 anni, Salvatore Gangi, di 34, Roberto Salimbeni, di 35, e Gianpino Pagnotta, di 29: eccetto Bonadio, gli altri risultano indagati nell’ambito dell’indagine “Fusion” per episodi avulsi dalla morte di Milizia. Dalle testimonianze verbalizzate nell’immediatezza dagli uomini dell’Arma non emersero circostanze oggettive tali da avere una causa di morte certa del 25enne. 

Pochi giorni dopo i Carabinieri registrarono però la “svolta” informativa: era il 30 giugno 2010 quando in caserma venne sentito per sommarie informazioni testimoniali Antonio Milizia, 57 anni, padre di Eros. Il quale delineò la consapevolezza da parte di Bonadio, Gangi, Salimbeni e Pagnotta, del pericolo di vita che gravava su Eros durante la giornata del 22 giugno, prima di giungere morto in pronto soccorso, a seguito dell’ingestione d’una bustina di sostanza stupefacente del tipo cocaina prima d’un controllo operato proprio da una pattuglia dei Carabinieri il giorno precedente.

 

IL J’ACCUSE DEL PADRE

Dal verbale di sommarie informazioni rese da Antonio Milizia ai Carabinieri il 30 giugno 2010

Lei è a conoscenza di un eventuale uso di sostanze stupefacenti da parte di suo figlio Eros?

Circa tre o quattro anni fa mio figlio ha fatto uso di sostanze stupefacenti, non so di che tipo, ma sono sicuro che egli ha smesso subito dopo un controllo effettuato da voi carabinieri. Solo negli ultimi giorni ho notato qualcosa di strano nei suoi comportamenti.

E’ in grado di ricostruire le ultime ore di vita di suo figlio?

La mattina del 22 giugno, verso le ore 10 circa, la mia attuale compagna Francesca Fanigliulo ha notato che Eros aveva gli occhi gonfi con dei puntini rossi all’interno e me l’ha subito riferito. Io ho consigliato a mio figlio di farsi visitare da un oculista e gli ho prenotato un appuntamento con il dottor Carlo Carignola per la stessa sera. Alle ore 13,15 circa mio figlio ha pranzato presso la mia abitazione in Schiavonea ed ha consumato solo un’insalata di pomodori. Alle ore 15,30/16 circa, Eros si è fatto visitare dall’oculista e gli ha riferito di aver preso un colpo di freddo la sera prima; per tale affermazione, il dottor Carignola gli ha consigliato di utilizzare un collirio senza sospettare eventuali altre cause del gonfiore agli occhi.

Poco prima di mezzanotte mia cognata ha telefonato alla mia compagna dicendole che Eros stava male e si trovava presso il pronto soccorso dell’ospedale di Corigliano. Immediatamente, convinto di una disgrazia, mi sono recato presso l’ospedale ed al mio arrivo ho trovato numerose persone davanti al pronto soccorso. Ho capito subito che mio figlio era morto ed ho chiesto ai carabinieri di farmelo vedere. Quando ho visto Eros ho notato che il suo corpo era ancora caldo, con gli indumenti bagnati e che, ad eccezione di alcune ecchimosi vicino alla bocca e di un taglio al dito, non aveva altri segni. Il giorno seguente, il 23 giugno, verso le ore 19,30 un gruppo di amici di mio figlio è venuto a casa mia, tra essi vi era anche la sua fidanzata Francesca Mauro. Quando le altre persone sono andate via, io ho chiesto a Francesca di trattenersi e, da soli in una stanza, le ho chiesto se sapeva qualcosa in merito alla morte di Eros. La ragazza mi ha riferito che a Corigliano si diceva che mio figlio era morto perché aveva ingerito una bustina di sostanza stupefacente per sottrarsi ad un controllo dei carabinieri avvenuto la sera prima del suo decesso. Il 24 giugno quando ho contattato il dottor Chimenz per conferirgli l’incarico di assistermi durante l’autopsia di mio figlio gli ho subito riferito che probabilmente Eros aveva ingerito una bustina di droga. Al termine dell’accertamento lo stesso perito mi ha confermato che all’interno dell’intestino della salma era stata rinvenuta una bustina di plastica contenente residui di sostanza stupefacente e che verosimilmente il decesso era conseguenza della sua apertura. Turbato di quanto emerso dall’autopsia e dalle voci diffuse, il 26 giugno 2010 ho fatto venire presso la mia abitazione di Sibari un amico di mio figlio, Gianmarco Marino. I1 giovane mi ha confermato che aveva trascorso la sera del 21 giugno con Eros e con altri giovani, precisamente con Fabio Fanelli, Gianpino Pagnotta e Massimo Malagrinò.

In merito alla sera del 21 giugno cosa le è stato riferito?

Gianmarco Marino mi ha riferito che il gruppo di amici si era riunito presso l’abitazione di Massimo Malagrinò e che avevano deciso di spostarsi presso l’abitazione di un tale Marco De Oliveira detto “Il portoghese”, per consumare una bustina di droga. Il gruppo formato da Eros, Gianmarco Marino, Fabio Fanelli e Gianpino Pagnotta, a bordo dell’autovettura di mio figlio, verso le ore 23, mentre si stava recando presso l’abitazione del De Oliveira, era stato fermato e perquisito da una pattuglia dei carabinieri in via Nazionale di Corigliano. Durante la perquisizione, Eros, per evitare il rinvenimento della droga, aveva ingerito l’intera bustina ed infatti, dopo il controllo, i giovani erano stati lasciati andare via. 

Marino mi ha raccontato che durante la giornata del 22 giugno, nelle ore precedenti il decesso, aveva più volte chiesto ad Eros come stava e mio figlio lo aveva rassicurato dicendogli che aveva espulso la bustina di sostanza stupefacente. La stessa sera del 22 giugno, Gianmarco Marino aveva ricevuto una telefonata da Massimo Malagrinò che lo avvertiva che “Eros stava male e che si era aperta Ia bustina”. In merito a tale telefonata, Marino mi confessava che il gruppo di amici era consapevole dei rischi che correva mio figlio dopo aver ingerito la bustina di droga, infatti allo stesso Gianmarco era stato detto di “rimanere a casa perché poteva succedere qualcosa”. Il giovane inoltre mi ha raccontato che quando Eros si è sentito male, il suo accompagnatore, tale Roberto Bonadio, invece di chiamare i soccorsi lo ha condotto presso I’impianto sportivo dove si trovavano Salvatore Gangi e Gianpino Pagnotta, perché il primo giovane “era un esperto di certe cose”. Mentre mio figlio stava male e chiedeva aiuto, Salvatore Gangi, consapevole dell’effetto della droga nello stomaco di Eros si è limitato a bagnargli il viso ed a praticargli un massaggio cardiaco, perdendo del tempo prezioso prima di farlo accompagnare in ospedale. Marino mi ha riferito che da diverso tempo, mio figlio ed altre persone, acquistavano sostanza stupefacente da una persona di Sibari, tale Francesco Guidi, e la consumavano insieme. Il gruppo di assuntori di droga era composto da Eros, Gianpino Pagnotta, Marco De Oliveira, Massimo Malagrinò, Salvatore Gangi, Fabio Fanelli, Roberto Bonadio e dallo stesso Gianmarco Marino. Mi è stato riferito che quando hanno accompagnato mio figlio in ospedale, Gianpino Pagnotta è fuggito via mentre Roberto Bonadio ha riferito al medico di turno che Eros aveva ingerito delle bustine di droga.

 

LA “COLLABORAZIONE” DI EROS COI CARABINIERI 

Il 19 giugno 2010, pochi giorni prima che morisse dunque, i Carabinieri incontrarono il giovane Eros Milizia, su sua richiesta, il quale confidenzialmente indicava alcuni spacciatori locali e i loro fornitori di cocaina. In particolare riferiva circa l’attività di spaccio condotta da Francesco Guidi detto ‘U Mussuto, coriglianese ma residente a Sibari.

Il 21 giugno sera, Eros confidò ai Carabinieri che tale Massimo Malagrinò si sarebbe dovuto rifornire di cocaina da Guidi, e che si stava organizzando un “ritrovo”, cui lui stesso avrebbe partecipato, presso l’abitazione della figlia d’un noto gioielliere di Corigliano.

Il 21 giugno, poco prima di mezzanotte, i Carabinieri, dopo un breve inseguimento, fermarono e sottoposero a controllo l’autovettura Toyota Auris a bordo della quale viaggiavano Eros, Gianpino Pagnotta, Fabio Fanelli e Gianmarco Maria Marino. Il controllo diede esito negativo. 

Eros non portò mai a conoscenza i Carabinieri d’aver ingerito la cocaina.

Il 5 luglio l’allora Procura di Rossano dispose intercettazioni telefoniche sulle utenze degli amici di Eros, a seguito delle dichiarazioni rese dal padre in netto contrasto con quelle rese dagli amici dopo il suo decesso. Dalle conversazioni emergeva chiaramente che tutti erano ben consapevoli del fatto che Eros aveva ingerito la cocaina al fine di non farla rinvenire ai Carabinieri durante il controllo della sua autovettura, e che il fornitore era Francesco Guidi ‘U Mussuto.

Il 7 luglio i Carabinieri effettuarono una perquisizione presso l’abitazione di Guidi, durante la quale rinvenivano, nei pressi d’un cassonetto posto a poca distanza dall’abitazione ed utilizzato da Guidi, una piantina estirpata di canapa indiana, 37 bustine di cellophane a chiusura ermetica, bordate di rosso ed aventi un foro al centro, e una confezione di carta con all’interno un sacchetto di plastica contenente oltre 5 grammi di mannitolo, sostanza utilizzata per il taglio della cocaina.

A seguito di tali rinvenimenti, in particolar modo delle bustine, s’appurò che all’interno dello stomaco di Eros ne era stata rinvenuta una simile.

 

QUEL FIUME DI COCA…

di Matteo Monte

Si aprono nuovi inquietanti scenari sullo smodato uso di cocaina a Corigliano Calabro. Con la morte del giovane Eros Milizia e con le conseguenze,  anche giudiziarie,  del caso,  il fenomeno presenta oggi novità finora non esplorate. 

Non è più, la polvere bianca, un aiutino per play boy di casa nostra in cerca di prestazioni amorose super o per picciotti pronti ad azioni delinquenziali di un certo spessore, ma il passatempo di intere fasce sociali di giovani. 

Non è più questione di portafogli gonfi o meno, è la droga di tutti, lo sballo neanche più del sabato sera, ma la compagna quotidiana contro la noia e l’apatia. Ci si sballa per sfuggire ad un disagio esistenziale ma anche per scimmiottare qualche atteggiamento da tronista di casa nostra. 

Non mancano le attenuanti, viviamo un momento di crisi non solo economica, ma anche di guida politica e morale a tutti i livelli.

Queste considerazioni, lontane dal voler essere un’analisi approfondita e competente del problema vogliono semplicemente richiamare l’attenzione sullo scenario divenuto sempre più diffuso, grave ed attuale. 

D’altra parte, a quest’uso smodato di cocaina, corrispondono, la disponibilità del consumatore a delinquere e l’ingente ricchezza di pochi con la necessità di questi ultimi di reinvestire, in modo pulito, gli enormi guadagni. Alla criminalità organizzata non basta investire solo in Calabria, ma, come emerso negli ultimi tempi, l’investimento si è esteso in tutta Italia e all’estero. 

Se si esamina la vita giudiziaria di casa nostra si può facilmente notare come tutti i grossi processi hanno ad oggetto lo smercio e l’uso della droga: dal “Set-up” al “Santa Tecla” è tutto un fiume di polvere bianca. E c’è un aspetto quasi grottesco: è forse proprio la troppa cocaina che ha fatto saltare gli argini di ogni difesa personale e sociale di delinquenti e non.

 

Di admin

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